Il mio viaggio in Flixbus Roma-Torino

L'importante non è la meta ma il viaggio.

Flixbus-1Sulla base di una delle frasi più sdoganate della storia e dal momento che nella vita si deve provare tutto, ho deciso che nel mio fine settimana avrei fatto una nuova esperienza mistica: un viaggio Roma-Torino A/R. Nello specifico con un biglietto di Sua Maestà Flixbus (più comunemente noto come lo sposta-poveri).

Per chi fosse vissuto su Marte fino ad ora, Flixbus è una compagnia di autobus con cui puoi arrivare in tutta Europa, dalla Francia alla Jugoslavia, da Lamezia Terme al Canton Ticino, ad un prezzo stracciato. Mai visti biglietti superiori ai 60 euro. 

Questo suo essere il mezzo preferito di studenti, extracomunitari e lavoratori a fine mese gli ha permesso una crescita di utenza del 70% rispetto all'anno passato.

E perciò, dopo aver constatato che Italo e Trenitalia erano off limits e dal momento che in me alberga un piccolo San Tommaso,  ho sperimentato sulla mia pelle cosa vuol dire spostarsi sul grosso quattro ruote verde acido. Itinerario? Andata: venerdì ore 10.10-arrivo 20 35. Ritorno: domenica ore-21.15-arrivo 7.45. Insomma come rendere il proprio lunedì mattina peggio del solito in poche semplici mosse. Ma procediamo con metodo scientifico.

Chi viaggia su Flixbus

Snoop-dogIl panorama risulta piuttosto vario, ma mi sento catapultata alle elementari a fare esercizi sull'elemento comune dell'insieme. Presto fatto: su Flixbus c'è poco spazio per i ricchi, un po' di più per chi ha qualcosa da nascondere. L'unica cosa che viene controllata infatti è il QR code. Quindi per il bigliettaio potrei anche essere un attempato cinquantenne con una valigia piena di eroina.

L'80% dell'autobus è composto da ragazzi neri, chi un misto tra 50 cent e Snoop Dogg (per lo stile sobrio) chi più somigliante a un giovane Samuel L. Jackson appena sveglio.

Di seguito un rabbino, una mamma con bambino, due ciarliere signore russe e altri non classificati. E, ovviamente l'autista, novello Caronte del Raccordo anulare.

I più furbi hanno già creato un' invalicabile barriera di giubbotti, borse e felpe per garantirsi il doppio sedile e dunque il lusso di articolare le gambe. Da novellina di Flixbus, finisco accanto ad una cinese che non parla italiano ma nemmeno inglese. Dunque i primi timidi tentativi sono per farle capire che non trovo la presa per caricare il cellulare. Dopo avermela indicata, crolla nel sonno dei giusti.

Deve essersi alzata nei pressi di Firenze perchè al mio risveglio era scomparsa. Al suo posto un signore che parlava ad alta voce un incomprensibile dialetto. Credo che a una certa abbia detto alla moglie di tenergli la pasta in caldo, ma non ne sono certa.

La sosta

autogrillLa sosta, a parte avere la funzione di permetterti di tornare a sentire gambe e collo e mangiare schifezze in autogrill perchè nessuno ti vede e quindi ti giudica, dà una panoramica più ampia sul degrado sociale a metà viaggio. Attorno a me gente senza scarpe, la mamma che ingozza il figlio di pasta in bianco e un signore che beve impavido una birra.

Il cestino della spazzatura comincia a strabordare e tu conosci già a memoria la playlist del ragazzo che sta dietro di te. Così come vita, morte e miracoli della ragazza a tre file di distanza, personal trainer e insegnante di hip hop diretta a Torino per uno stage con un noto coreografo. L'autogrill è nel mezzo del nulla, probabilmente invisibile alle mappe e senza Kinder cereali. Dopo trenta minuti, ritorni mestamente al tuo posto.

Alle quattro pm circa prendi consapevolezza che la sosta dell'una e mezza era l'unica in tutto il viaggio. Dopo esserti maledetto per non aver sgranchito a dovere le gambe, entri in uno stato comatoso in cui, quando hai finito i libri da leggere, terminato i dati perchè per l'ennesima volta hai dimenticato di scaricare le canzoni da Youtube e finita la scorta di provviste, il tuo unico pensiero è arrivare vivo. Cosa che, comunque, avviene con puntualità.

Cominci a depennare mentalmente le menzogne propinate sul sito quali comodi sedili , viaggio in totale relax e guardare film sfruttando il Wi-Fi, dal momento che lo streaming è abolito. La feicità dell'essere giunti a destinazione però è tale che per poco dimentichi che dopo 48 ore ti attende il ritorno.

 

Il ritorno

bagno-flixbusIl panorama resta all'incirca uguale, a parte un autobus fortunatamente meno pieno. Scaravento borsa del pc e cibarie varie sul sedile accanto ( nella lotta per la sopravvivenza si impara in fretta). Pregusto già il piacere di avere il tempo di guardare un film lungo quando mi accorgo di aver lasciato le cuffie a casa dell'amico ospite.

Chiedo al ragazzo del sedile di fronte, con fare piuttosto nervoso, se ne abbia un paio da prestare. Viviamo lo stesso disagio: mi risponde che le ha dimenticate in valigia, con la consapevolezza di chi passerà la nottata tra Instagram e Facebook.

Con l'irritazione livello 100, tento la strada lettura. Dieci minuti e tanta nausea dopo, decido che è il momento di dormire. Ma prima, devo andare in bagno (un cubicolo verticale di tre cm per cinque a pochi m dall'asfalto, per cui anche un piccolo dislivello viene percepito come l'esplosione di Hiroshima). Incredibilmente, prendo sonno per circa due ore, brutalmente interrotto dalla fermata a Genova Piazza della Vittoria dove il led verde sul soffitto ti trafigge gentilmente gli occhi. Dopodichè, è tutto un ricordarsi le lezioni di yoga per capire come trovare la posizione più comoda.

La notte in qualche modo è passata e, grazie a Dio, nessuno ha russato. Verso le 6.30, comincio a sentire i rumori di casa: il traffico sul Grande Raccordo Anulare. Ci si guarda l'un con l'altro con aria compassionevole ed occhi cisposi, freschi per una giornata di lavoro.

Conclusioni? Consigliato a chi soffre d'insonnia, a chi ama le esperienze interculturali e chi farebbe di tutto pur di non pagare 100 euro a Trenitalia.

Ps. Alla fine ho comprato un paio di cuffie in Autogrill all'una di notte.

irene-caltabiano

di Irene Caltabiano

 

 
 
 

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