Fede vs intelletto. Gli atei sono più intelligenti?

Credere fermamente in qualcosa senza metterla in dubbio sarebbe sinonimo di ottusità anziché di intelligenza, soprattutto se si parla di divinità e simili. 
 
L'ultima ricerca a riguardo, intitolata  The Relation Between Intelligence  and Religiosity: A Meta-Analysis and Some Proposed Explanations è stata eseguita dall’Università di Rochester e supervisionata dal prof. Miron Zuckerman. 
 
L’argomento è scottante, quindi attenzione alle definizioni.  Il team di psicologi denomina intelligenza  “l'abilità di ragionare, risolvere problemi, pensare astrattamente, capire idee complesse, imparare velocemente e apprendere dall'esperienza”.
 
La combinazione negativa  fra quoziente intellettivo e fede si svilupperebbe già dall’infanzia. I bambini più svegli sarebbero infatti i primi a allontanarsi dai dogmi religiosi, per poi diventare adulti con capacità di ragionare sopra la media
 
Zuckerman è arrivato a tali conclusioni  seguendo oltre 1500 pargoli dotati di IQ 135 fino all’età di ventun’ anni.  I risultati, confermati da due revisioni precedenti rispetto allo studio del dottore americano, mostrano che il campione prescelto ha un livello di religiosità inferiore alla media, nonostante oltre il 60% sia cresciuto in famiglie fortemente credenti.
 
 
Perché intelligenza e fede non  vanno di pari passo? Una spiegazione c’è. I devoti avrebbero un cervello meno allenato perché i culti hanno premesse irrazionali, non fondate su basi scientifiche e quindi non verificabili. Chi è intelligente e curioso non è attratto da ciò che non è dimostrabile.
 
Antica battaglia tra religione e scienza?  I piccoli Galileo non sembrano rimanere soddisfatti di fronte al classico «è così e basta, credere significa accettare come assolute alcune verità ». L’argomento è rischioso ma non nuovo: la tesi è stata semplicemente convalidata attraverso più approfondite analisi statistiche.
 
Le persone più intelligenti sarebbero dunque maggiormente anti-conformiste e quindi più resistenti ai dogmi. Gli intellettuali tendono a utilizzare uno stile di pensiero analitico e non accettano alcuna credenza che non sia soggetta a test empirici e ragionamenti logici. I cervelluti si affidano all’ispirazione, insomma. In realtà ci sarebbero da scrivere trattati anche sulla definizione di intelligenza, che a quanto sembra non è unica e sola: ne esisterebbero addirittura sette tipologie.
 
«Disgraziato colui che non crede in nulla » diceva Victor Hugo. Culto religioso o meno, aver fede  in qualcosa è un bisogno umano, se non il motore stesso dell’esistenza.
 
 

 
 

 

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