Emigrare per un lavoro fa ancora notizia

Riprendiamo una news de Il Sole 24 ore per mostrare quanto gli "italiani choosy" (cit.Fornero) in un epoca fatta di arei low-cost che collegano Dublino a Roma in h.1:50, di Skype che ti permette di videocomunicare con Sidney gratis, e di un Frecciarossa che in meno di 3 ore ti riporta da Milano a Roma, ancora si lamentino di un opportunità di carriera a Copenaghen o a Berlino.

Negli Stati Uniti, dove è prassi spostarsi dalla Virgina alla California (7.000km, 3 volte Roma-Londra, ndr) nessuno si lamenta! Anzi viene vista come un'opportunità per ampliare le conoscenze. Lo stesso Mark Zuckemberg (fondatore di Facebook) per lanciare il famoso social netwok prese un aereo da New-York e con la sua valigia si trasferì a San Francisco, senza battere ciglio.

Tornando all'artico, questa è la (pallosa) storia di  Antonino Pizzuto.

Antonino Pizzuto è un  giovane ingegnere meccanico che appartiene a quelle che vengono considerate le professioni più "solide" del sistema produttivo ma che  ha deciso di espatriare prima dalla Sicilia al Piemonte e poi dal Piemonte alla Danimarca sulla base di una motivazione legata alla propria esperienza professionale in Italia ed al futuro della figlia appena nata.
Antonino viene assunto da una nota azienda metalmeccanica di Torino, nella quale viene selezionato secondo criteri  meritocratici e professionali fa carriera e guadagna di più ma successivamente racconta che « a un certo punto - hanno continuato a crescere solo le responsabilità, ma non lo stipendio - insieme a "straordinari" sempre più pretesi» e che la meritocrazia lascia il posto a scatti di carriera determinati “dall'amicizia” ed ammette che “Il problema è che noi italiani siamo più bravi a costruire relazioni che progetti, e alla fine tendiamo con naturalezza a dare una certa importanza alle prime». 
Ma a parte i problemi lavorativi, con la  nascita della figlia, Antonino, già desideroso di un trasferimento all’estero parla con la moglie ed entrambi si pogono domande del tipo “cosa possiamo offrire a lei, e ai suoi eventuali fratelli? Ed ancora che scuola farle  frequentare  se non possiamo permettercene una privata? Che opportunità, se non siamo ricchi in un Paese dove tutto - ormai - sembra in vendita?»
 
A proporgliela è la Vestas, azienda danese leader nella progettazione e produzione di turbine eoliche. Destinazione: Aarhus, la seconda città del Paese. Antonino fa le valigie: via da «orari assurdi, capi spesso indisponibili al confronto, poca innovazione e molta politica». Presto lo seguiranno altri: «in un semestre, nell'azienda danese dove mi trovo ora, siamo passati da un solo italiano assunto a ben sei. Se vali, sei premiato: io sono stato promosso dopo appena due mesi. Infine, bilancio tra lavoro e vita privata: questa è stata la sorpresa più grande. In Italia si lavora tantissimo, male e per pochi euro.» 
 
Antonino rimpiange il sole della sua Sicilia, ma la qualità della vita e del lavoro danesi lo aiutano a superare i lunghi inverni nordici. Resta però un'ultima, amara, considerazione: «la nostra società non è - da anni - realmente democratica. Per me la democrazia finisce, quando il figlio di un impiegato non ha le stesse opportunità di quello di un ricco. Io vorrei che mia figlia potesse scegliere cosa fare nella vita, con tante possibilità avanti. Onestamente, questo è possibile - oggi - in Italia?».
 
Viviamo in un epoca globale. Viviamo costantemente connessi. Le opportunità ci sono, ma non sotto casa! 
Ragazzi, muovetevi e non rimpiangete il sole della Sicilia o il mare di Napoli, che con Ryan-air a 39€ arrivate a Palermo da Helsinki! 
Piuttosto pensate a cosa volete fare e non alla tipologia di contratto. 
 
Simona
 

 

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