È nata prima l'esperienza o il lavoro?

Quando ho mandato il mio primo curriculum avevo circa diciotto anni. Appena uscito di scuola (se il professionale in Italia si può chiamare così), con la mia bella qualifica, mi diressi con mio padre all’ufficio collocamento locale per iscrivermi.
Dopo aver fatto tutto il dovuto torno a casa, speranzoso di iniziare al più presto a lavorare e introdurmi finalmente nel giro dei «soldi veri», senza dover chiedere più paghette ai miei genitori. Neanche a farlo apposta lo stesso giorno arriva una telefonata dell’impiegata dell’ufficio collocamento (cugina di mio padre, perché se non sei raccomandato quell’ufficio è inutile) dove mi avverte che c’è un posto disponibile come aiuto cuoco in un paese vicino. Caspita dico io, e la gente si lamenta che non trova lavoro, come è possibile?

Mi preparo e vado al colloquio, carico delle migliori aspettative.
La domanda classica che ti fanno ai vari colloqui è: «quali esperienze hai?».
Bene amico, ho appena finito la scuola quindi non ho esperienze, che dici? 
E qui, quattro volte su cinque, casca l’asino: i datori di lavoro- e di stress- vogliono il giovincello già bello e pronto da inserire nell’organico (così lo chiamano loro), però (c’è sempre un però) lo vogliono assumere come stagista o apprendista. 

La parola «apprendista» deriva da apprendere cioè imparare, detto ciò, se sapessi già tutto come volete voi, non sarei un apprendista e meriterei un contratto decente, ma così non è, quindi arrangiatevi. IO DEVO IMPARARE, prima di tutto.
Finito il colloquio rimaniamo d’accordo per un periodo di prova. Dopo essersi messo una mano sulla coscienza, il nostro amico ha capito che avere un dipendente pronto in quattro minuti come la pasta congelata è assai improbabile, quindi mi dà questa chance. Si trattava di due settimane da schiavo- di cui una non retribuita perché «di formazione»-  l’altra pagata scarsissimamente- evidenziando il fatto che fosse periodo festivo.
 

Dopo aver fatto tutto quello che mi era stato chiesto e anche di più, mi dicono: «guarda, hai lavorato bene, tieni questi settanta euro, ne parlo con mia moglie e l’altro socio. Sicuramente ci faremo risentire ».
Indovinate? Non l’ho più sentito. Bene. La mia prima esperienza lavorativa è andata. Ora, al secondo colloquio, sarò un passo avanti e così sarà man mano che aumenteranno i colloqui. 
D’altronde anche un calcio nel sedere ti spinge un passo avanti e di questi tempi abbiamo fatto chilometri a calci nel sedere.
Credo che ne faremo ancora molti.
 
 

 

 

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