Commercianti di nomi a dominio: i bagarini dell’era digitale

Più che un mestiere, una mentalità.

Avete presente quando volete assistere al concerto della vostra rockstar preferita ma scoprite che ogni settore dell’arena è sold out? Disperazione, sconforto, senso di abbattimento: sono questi gli stati d’animo che accompagnano la triste constatazione.

Se il giorno dell’evento vi mescolate alla folla di fan che si accinge a entrare, tuttavia, vi capiterà senz’altro di essere avvicinati da qualche personaggio che tenterà di piazzare dei tagliandi a prezzi come minimo quadruplicati. Il che aggiunge anche la rabbia al già ricco menu di sensazioni sgradevoli dalle quali si era pervasi.

Si chiamano bagarini, nel gergo comune, ma a voler usare un linguaggio più forbito li si potrebbe definire speculatori. In ogni caso sono persone che fanno incetta di un bene ics con l’unico intento di lucrare su una “necessità” altrui.

La loro specialità sono gli eventi sportivi e musicali, ma operano anche in altri settori perché essere bagarino è una mentalità, più che un mestiere. E, per la cronaca, tale attività è illegale in molti paesi.

Il dolce guadagnar senza far niente.

Anche i commercianti di nomi a dominio possono essere inquadrati in questa categoria, benché nella maggior parte dei casi non violino nessuna legge (tranne quando si appropriano di domini composti dal nome e cognome di un personaggio noto, ad esempio).

Quando si pensa di investire in un business e si ha bisogno di acquistare un dominio sul quale caricare il proprio sito web, è facile imbattersi in questo tipo di problema. Capita spesso, infatti, di pensare a un nome per la propria attività e dopo una breve ricerca su un portale che offre servizi di hosting, scoprire che quel dominio non è disponibile.

Un banale problema di tempismo, si potrebbe supporre. Invece no, perché digitando l’indirizzo nel browser emerge l’amara verità: quello spazio non ospita alcun sito se non un link con scritto “Vuoi acquistare questo dominio?”.

Sono loro, i bagarini dell’era digitale, a esserselo accaparrato per due soldi e a offrirtelo a cifre a quattro o cinque zeri, mentre anche tu avresti il diritto di comprarlo per pochi euro. Ma tant’è, è roba loro, e per quanto tu possa disprezzare il loro modo di vivere da parassiti non ti resta che contrattare, virare su estensioni meno comuni come “.org” o “.info” oppure modificare il nome del tuo brand.

Questo malcostume, ad oggi spacciato per normale attività imprenditoriale, ha preso il via negli anni Novanta e ha visto diversa gente diventare ricca. Come colui che per un pugno di dollari entrò in possesso del dominio “Sex.com” ed ebbe un ritorno di ben quattordici milioni del conio statunitense.

In Italia, invece, raggiungere certe cifre è senz’altro più difficile, per non dire impossibile. Ciononostante c’è chi, come l’allora proprietario dello spazio Prestiti.it, è riuscito a mettersi in tasca ben duecentomila euro.

La strategia del bagarino digitale.

Un bravo speculatore di nomi a dominio sa che l’ottimizzazione per i motori di ricerca (SEO) è alla base del successo di ogni attività online.

Il requisito essenziale per facilitare l’indicizzazione ed essere ben posizionati nella SERP (la pagina con i primi dieci risultati trovati da un motore di ricerca) è che il nome del sito contenga le parole chiave abitualmente digitate dall’utente quando interroga Google & Co..

Sulla base di queste considerazioni che già da sole valgono migliaia di euro, il bagarino digitale cercherà di acquistare domini caratterizzati da nomi brevi (tipo i sopracitati “Sex.com” o “Prestiti.it”) o frasi composte da due o tre parole.

L’esempio classico è quello del sito “ComeInvestireSoldi.it” che figura al primo posto nella SERP di Google nel momento in cui un utente digita, appunto, le parole chiave “come investire soldi” nella barra di ricerca.

È chiaro che anticipare l’imprenditore finanziario che un giorno deciderà di aprire questo tipo di attività online diventa fondamentale. Costui, verosimilmente, sarà interessato ad acquistare il dominio non più disponibile poiché sa benissimo che già da solo garantisce un ritorno enorme in termini di traffico.

Nel campo finanziario, infatti, una pubblicità che tramite AdWords permetta di figurare nei primissimi risultati di Google può costare anche due euro a click. Per garantirsi un traffico di mille utenti, quindi, occorre investire ben duemila euro.

L’imprenditore digitale conosce benissimo questi dettagli, perciò sarà disposto a sborsare anche diecimila euro per aggiudicarsi un dominio che da solo gli garantirà un numero di visite (e quindi di pubblicità) a costo zero. Ecco spiegato per quale motivo sia sempre più difficile trovare un dominio libero, quando si ha in mente una nuova idea di business.

Un antico adagio dice che “il mondo è dei furbi” e ciò è senz’altro vero, specie parlando di bagarinaggio. Tuttavia quello su cui sarebbe il caso di riflettere è se tutto ciò sia eticamente corretto.

Forse sarebbe il caso di intervenire con leggi specifiche, perché consentendo a un numero crescente di persone di procurarsi un reddito senza creare alcun valore, si spinge il sistema “online” al collasso.

 

di Giovanni Antonucci

autore del romanzo "Veronica Fuori Tempo"

 

 

 
 
 

 

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