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Barò Cosmetics, l’azienda che crea prodotti di bellezza dagli scarti del vino

Barò Cosmetics, quando green e digitale vanno a braccetto

barò cosmeticiUnire cosmesi, riciclo e vendita online non è cosa da poco. 

Ed è ciò che Barò cosmetics porta avanti con sapienza dal 2015, trasformando gli scarti dell’uva dei terreni piemontesi in creme e sieri di bellezza, arrivando ad avere un catalogo da più di 100 prodotti.

L’uva, come già abbastanza noto, racchiude tantissime proprietà che fanno bene alla nostra pelle, prevenendo l’invecchiamento. Gli scarti sono infatti ricchi di sostanze che possono essere recuperabili e rimesse in circolo.  

Barò cosmetics ha scelto di utilizzare un processo estrattivo all’avanguardia per tutelare le preziose molecole degli acini e avere il minimo impatto sull’ambiente. 

Ma perché Barò? 

Il nome è ispirato alle uve biologiche coltivate a Barolo, nelle Langhe. «Questo è un mondo che conosciamo da sempre» dicono i due fonsatori, i fratelli Toppino. Simone e Alberto infatti, hanno sempre lavorato tra i vigneti, credendo a un concetto di imprenditoria che faccia bene all’ambiente, provando a ricercare un tipo di impresa innovativa e diversa dal solito. 

Barò Cosmetics infatti è una realtà di vendita completamente digitale, che garantisce risparmio, qualità e rapidità. 
 
La materia prima è completamente naturale e derivata dall’agricoltura biologica, e svolge due importantissime funzioni: proage, ovvero protegge la pelle dall’invecchiamento, e antiage per aiutarla a rigenerarsi.  
 

Come funziona Barò Cosmetics?

In una prima fase alcune aziende agricole forniscono le eccedenze. I semi e le bucce d’uva, dopo pigiatura e torchiatura, conservano ben l’80% di polifenoli.  

La varietà delle sostanze antiossidanti presenti in questa materia prima stupisce infatti per la ricchezza e per la concentrazione che possiede. 

Una volta recuperate le eccedenze quindi, Barò Cosmetics mette in atto un processo di bioliquefazione molecolare brevettato presso l’Università di Bologna, che supera i limiti dell’estrazione convenzionale. 

Si tratta di una tecnologia d’avanguardia basata sull’uso di enzimi naturali che consente di ottenere il 100% dei fitocomplessi vegetali in una forma attiva e biodisponibile, pronti per essere integrati nelle varie formule cosmetiche. 

Sull’estratto-madre ottenuto vengono poi formulate creme, sieri e oli adatti a esigenze diverse: antietà, anti-macchie, idratanti, rassodanti, anti-inquinamento, protezione solare.  

Non solo cosmetica

Barò Cosmetics è molto impegnata anche nel sociale, sostenendo C.O.S, una comunità che accoglie minori allontanati dal proprio nucleo familiare.  

Nel 2020 ha poi aderito alla campagna Seaqual Friends, progetto che coinvolge 46 paesi con l’obiettivo di pulire i mari e aumentare la consapevolezza sul problema dell’inquinamento dei fondali. 

Infine ha anche avviato una collaborazione con Komen Italia, fondazione attiva nello screening precoce nella lotta contro il cancro al seno. 

Una delle ultime iniziative a cui ha partecipato è invece il progetto Malaika in Tanzania, associazione che è diventata una grande famiglia per bambini in difficoltà, supportandola principalmente con materiali scolastici e da cancelleria quali matite colorate, pennarelli, fogli da disegno etc etc.  

Un’azienda a cui sembra non mancare nulla per quanto riguarda l’attenzione al green e la solidarietà.  

Da tenere d’occhio. 

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di Irene Caltabiano

 

 

 

 

 

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Adotta un olivo abbandonato e ricevi l'olio fresco: l'idea di Ager Oliva

Salvare l'oro verde toscano

Ottima per un regalo agli amanti del cibo genuino o per coloro che adorano sentire il profumo dell’olio appena spremuto ogni volta che aprono una bottiglia. 

Oppure, semplicemente, un’ occasione per chi vuole contribuire a tenere in vita i quindici ettari di terreno da restituire al patrimonio paesaggistico toscano. 

È l’idea alla base di Ager Oliva, neonata startup pistoiese, la cui idea è tanto semplice quanto vincente: regalare nuova linfa agli alberi abbandonati per renderli di nuovo utilizzabili per la spremitura e la produzione di oro verde. 

Il progetto ha già decine di sostenitori, pur essendo nato solo da qualche mese, riportando in vita 600 piante in quattro mesi.  Indizio che Tommaso Dami, intraprendente trentenne CEO della startup, ha colto nel segno.  

Come funziona Ager Oliva 

ager oliva10È sufficiente andare sul sito e adottare una pianta di ulivo selezionandola dalla lista disponibile. 

Da quel momento quella pianta prenderà il nome prescelto e si potrà andare a visitare quando si vuole. In tempi di raccolta e frangitura, infine, si riceveranno due litri di olio d’oliva toscano biologico, spremuto a freddo appena dopo che sono state colte le olive. 

Sembra che il progetto nasca in partenza con l’influenza benevola del grande Leonardo, dal momento che gli ulivi vengono coltivati esattamente a Vinci, patria del grande artista e scienziato. 

La procedura è rigorosa: dopo il taglio di eventuali rami secchi, viene falciata l’erbaccia attorno alla pianta, sistemati gli argini e le fosse limitrofe. 

Poi si passa alla concimatura organica delle piante. Molto spesso gli ulivi abbandonati presentano varie malattie e un’evidente mancanza di nutrimenti. Per questo si interviene con trattamenti biologici per eliminare il problema. Con la potatura poi, si rinverdisce la chioma.  

Si porta così la pianta nella situazione ottimale per dare il frutto. Tra ottobre e novembre si raccolgono le olive e, in giornata, vengono trasportate in frantoio per la spremitura a freddo.  

Tra cultura e gastronomia 

L’obiettivo è rinvigorire quattro milioni di ulivi abbandonati. «Non possiamo lasciare all’incuria le colline e gli ulivi dando un calcio alla storia, alla cultura e alla tradizione che contraddistinguono la nostra comunità come popolazione mediterranea» afferma Dami. 

Purtroppo, i tempi sempre più ristretti, il trasferimento dalla campagna alla città e l’allontanamento dall’agricoltura sono solo alcune delle ragioni che hanno portato all’abbandono del suolo. 

Tuttavia, Ager Oliva sta lottando strenuamente per evitare di perdere una grande ricchezza regionale e nazionale. 

«A oggi abbiamo oltre dieci collaboratori –afferma Dami -età media 35 anni: tutti affiatati e disponibili. Possiamo dire di aver creato un'onda di emozione in un settore che si sente da troppo tempo in crisi».
 

Una startup con un fine nobile che rimanda a un bisogno sempre più impellente: il ritorno alla natura e alla genuinità dei suoi frutti.  

irene

 

di Irene Caltabiano

 

 

 

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PoreUp, l'innovativa plastica made in Italy che cattura CO2

PoreUp, la plastica che salva la plastica

PoreupOgni volta che faccio un giro su Produzioni dal basso rimango sempre stupita dalla creatività e dall’ingegno racchiuso nei vari progetti in vetrina, da quanta voglia ci sia di fare la differenza nel mondo.

La sezione green è piena di idee e proposte per combattere l’inquinamento e riciclare i rifiuti che produciamo quotidianamente in grandi quantità, alcune vere e proprie ancore di salvezza, un manifesto d’amore verso l’ambiente e l'umanità stessa.

Una delle campagne di crowdfunding che hanno attirato maggiormente la mia attenzione e che ha quasi raggiunto gli obiettivi di finanziamento prefissati è PoreUp.

Un team internazionale di giovani ricercatori, Sergio Piva, Charl X. Bezuidenhout, Jacopo Perego e Irene Santambrogio, dottorandi e laureati in Scienza dei materiali presso l’Università degli Studi Milano-Bicocca, che hanno in comune la passione per la ricerca e la voglia di scoprire, studiare e capire come funzionano i materiali e le nuove tecnologie.  

Qual è l’obiettivo di PoreUp? 

  Sviluppare una nano-spugna capace di catturare l’anidride carbonica emessa dalle attività umane, utilizzando plastica di scarto o di riciclo, valorizzando un materiale già di per sé difficile da smaltire come nuova risorsa e lotta al cambiamento climatico.  

Purtroppo, dagli anni ‘60 in poi, la produzione di anidride carbonica è aumentata di circa il 33%, soprattutto a causa della crescente richiesta energetica a livello globale.

 La conseguenza più immediata della maggiore concentrazione di CO2 in atmosfera è l’effetto serra, che causa il conseguente riscaldamento dell’atmosfera 

Come funziona PoreUp 

Poreup La cattura di Co2 permette di assorbire selettivamente anidride carbonica da fonti concentrate, come scarichi di impianti per la produzione di energia, cementifici, industrie pesanti e produzioni industriali, in modo da limitarne la dispersione dell’atmosfera. 

Una volta in funzione dunque, tecnologie di questo tipo permetteranno non solo di diminuire l’impatto ambientale delle singole fabbriche, ma anche di recuperare anidride carbonica ad alta purezza, che potrà essere utilizzata come risorsa all’interno di processi industriali. 

Un'operazione doppiamente utile dunque, dal momento che non solo si mette in moto la macchina del riciclo della plastica ma potrà essere incamerata CO2 come nuovo bene primario.  

Le plastiche, nate per essere resistenti, sono infatti il materiale più difficile da riciclare. Bottiglie e confezioni grazie a PoreUp, non dovranno più essere smaltite o trattate. Le nano-spugne si rigenerano con facilità, garantendo una durata nel tempo e senza perdita di efficienza.  

Un progetto che speriamo raggiunga presto il budget richiesto. Come in tutte le campagne di crowdfunding, si può inoltre partecipare alla riuscita con importi già stabiliti, che vanno dai dieci euro con ringraziamento sui canali social e condivisione dei risultati della ricerca, fino ai trecento, con incontro in esclusiva con il team del progetto e dimostrazione pratica dei materiali. 

Non possiamo che fare il tifo per questo team nostrano di giovani scienziati che potrebbe apportare una piccola rivoluzione nel mondo del sostegno ambientale.  

 

di Irene Caltabiano

 

 

 

 

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