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L'indice VIX di Wall Street aveva previsto l'attentato?

Cos'è l'indice Vix?

Istituito nel 1992 misura la volatilità dell'indice S&P 500 di Wall Street attraverso le opzioni: in sostanza indica la "violenza" dello spostamento dei prezzi che i mercati si attendono per il prossimo futuro. Più l'indice è alto, maggiore è la paura di un repentino sbalzo della Borsa. Quindi se il Vix sale i mercati scendono nervosamente. Per questo si chiama "indice della paura".

Wall Street, l’indice della paura avrebbe previsto cinque attentati terroristici
Si racconta che l’indice Vix, che indica la volatilità di Wall Street, schizzi sempre verso l’alto prima di un evento come la strage di Parigi. Lo sostiene Stefano Fugazzi di AbcEconomics, il quale mostra dei grafici che dimostrerebbero questa tesi. Grafici che il Sole 24 Ore riporta fedelmente.
Siamo di fronte alla solita bufala
Attirare i lettori con notizie poco verificate basate solo sulle parole di un singolo soggetto è decisamente poco professionale. Soprattuto se a farlo è Il Sole 24 ore!
 
E' semplicemente una coincidenza
Se ingrandiamo il campo e vediamo questo indice fino a 5 anni indietro, vedremo che alcuni picchi sono stati raggiunti anche senza attentati o guerre. 
 
Di picchi almeno come quello relativo all'attentato di Parigi o di Charlie-Hebdo ne vediamo 14, di questi solo due sarebbero da collegarsi ad eventi tragici. 2 su 14 sono pura casualità.
 
Giornalismo acchiappaclick
Viviamo in un epoca in cui le notizie si fanno sui Social Network. Ma la responsabilità di alcuni editori di serie A è quella di fare una corretta informazione. Di siti come Catenaumana o Informare x Resistere che sono nella Black list del giornalismo italiano ne abbiamo già abbastanza. 
 
 
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Borsa del Credito: il prestito tra privati che risolve i problemi di liquidità

Le banche hanno stretto i cordoni della borsa, ma aziende e privati continuano a dover richiedere finanziamenti. Così, negli ultimi anni ha preso piede il peer to peer lending, ovvero il prestito tra privati, reso possibile dal networking in Rete. Tra le principali piattaforme che offrono questo servizio c’è Borsa del Credito, fondata nel 2013 da Alessandro Andreozzi e Ivan Pellegrini, giovani ex consulenti del settore bancario-finanziario.
 
«Il progetto è stato lanciato per facilitare l’accesso al credito delle piccole e medie imprese, che le banche, soprattutto per il loro business model, riescono a soddisfare sempre più difficilmente». Così Antonio Lafiosca (BorsadelCredito.it).
Le imprese che hanno bisogno di liquidità vengono monitorate in entrata attraverso appositi parametri di credit scoring, che prevedono, tra l’altro, «il controllo dei pregiudizievoli  e le analisi di bilancio». Si aggiungono a questi, modelli innovativi, come «la valutazione dei big data provenienti dai social network e in generale la reputazione online dei nostri richiedenti, grazie ai quali raccogliamo informazioni fondamentali per comprendere le capacità e i profili dei clienti. Inoltre, svolgiamo controlli anti frode e tutte le analisi che riteniamo opportune per verificare l'affidabilità di chi si rivolge a noi».
 
Se supera questa fase, il progetto da finanziare viene esaminato, e la valutazione, positiva o negativa, comunicata «entro una giornata lavorativa dal completamento della richiesta. In caso di valutazione positiva, l’imprenditore vede l’offerta finale. Una volta accettata, si firma il contratto con un sms e non bisogna aprire un nuovo conto. La piattaforma recupera in automatico le quote dei singoli prestatori che hanno investito in quel tipo di mercato e avviene l’erogazione: il tutto in un tempo che va dai tre ai cinque  giorni dall’iscrizione».
Quali sono, invece, i vantaggi per quelli che ci mettono i soldi? Questi dispongono di un portafoglio che prevede offerte il cui rendimento medio è del 5%. Quando viene concesso un finanziamento, chi lo eroga è informato in dettaglio sull’azienda, e la piattaforma incrocia la richiesta con la migliore offerta presente. 
 
«Ė molto importante per noi che il prestatore possa investire in maniera sicura e ottenere rendimenti più interessanti di altri strumenti di gestione del risparmio. Per questo proponiamo subito un portafoglio gestito automaticamente, che consenta di non pagare le commissioni e di raggiungere il più rapidamente possibile gli obiettivi principali. Tuttavia, loro sono sempre liberi di gestire i propri risparmi in prima persona, scegliendo il tasso a cui investire, i mercati in cui essere presenti e il livello di diversificazione del capitale da applicare. Questa è una scelta che consigliamo soprattutto a utenti più esperti».
 
In che modo BorsadelCredito.it tutela i richiedenti dal rischio usura? «Effettuiamo controlli minuziosi e puntuali sui tassi che il prestatore imposta sulla piattaforma, così da assicurarci sempre che questi siano nella norma».
 
Ancora una volta, l’iniziativa privata, stimolata, anzi quasi resa necessaria dalla crisi che punge e dalle lacune del sistema finanziario, potrebbe offrire la soluzione ai problemi di molti…
 
di Franziska
 

 

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La solitudine dei numeri decimali

Pochi lo sanno, ma "La solitudine dei numeri decimali" non è il secondo romanzo di Paolo Giordano.
Come il romanzo originale, a cui il titolo fu cambiato dall'editore (Mondadori, ndr) dal titolo originale scelto da Paolo Giordano per il libro (Dentro e fuori dall'acqua), anche io ho deciso di cambiare il titolo al romanzo dei numeri dell'ISTAT e tanto acclamati dal Governo attuale e tutta la stampa (non)indipendente, a parte un giornale. 
Il Sole 24ore ed un suo autore. Luca Ricolfi.
Luca descrive con grande chiarezza come stanno realmente le cose in relazione a questa "ripresina" italiana.
 
I decimali ci sommergono. 
Sigonri e signori ecco lo show dei decimali: "Il Pil nel 2015 potrebbe crescere dello 0,9% anziché dello 0,6% o dello 0,7% precedentemente previsti. E nel 2016 potrebbe segnare un +1,5% anziché +1,4% come si pensava fino a ieri. L’indebitamento netto del 2016 potrebbe risultare del 2,3% anziché del 2,2% programmato dal Governo. Però se l’Europa si decidesse a darci il via libera, potremmo indebitarci di uno 0,2% in più. Il tasso di occupazione a settembre è diminuito dello 0,1% rispetto al mese precedente. E così si potrebbe continuare per qualche pagina
 
Ad ogni decimale in più o in meno, invariabilmente, si accompagnano le consuete diagnosi di segno opposto sulle prospettive dell’Italia. Per il governo, ogni decimale in più o in meno è l’ennesimo segno che «finalmente» le cose stanno cambiando.
 
In questo balletto degli zero-virgola, Insomma, mi spiace metterla in modo così crudo, ma qui stiamo parlando di “quisquilie e pinzillacchere”, per dirla con Totò. Quando si parla di cambiamenti la cui ampiezza è prossima a quella dell’errore statistico o dell’errore di previsione, bisogna rendersi conto che la discussione può essere utilissima per capire in che direzione si sta andando, ma resta sostanzialmente muta per quel che riguarda la sostanza del problema, che è quello di misurare la distanza da una piena guarigione.
 
Il tasso di occupazione. 
Perché è sull’occupazione, prima ancora che sulla produttività che l’Italia è più indietro rispetto alle altre economie avanzate. 
Da quando è stata introdotto il vantaggio fiscale per chi assume "Jobs Act" ad oggi, l’occupazione è cresciuta di appena 185 mila unità e, sorprendentemente, la quota di lavoratori a tempo determinato (i famosi “precari”) non è diminuita ma è addirittura aumentata. 
La quota dei precari non solo è un po’ maggiore ripsetto al 2104, ma è tornata a un soffio dal suo massimo storico (14,2%), toccato durante il governo Monti.
 
Perché quisquilie e pinzillacchere?
185 mila posti di lavoro sono un risultato comunque apprezzabile? Vediamolo in termini di costi e benefici. 
Costi - Circa 12 miliardi, spalmati in 3 anni, per i soli assunti nel 2015. 
Benefici - 185 mila assunzioni nel 2015 contro 159 mila nel 2014. 
La differenza è trascurabile. Siamo nell'ordine di qualche decimale. Se poi si considera che nel 2014 l’economia andava decisamente peggio che nel 2015. 
 
Se fossi il ministro del lavoro sarei piuttosto preoccupato…
 
Ottimismo privo di senso
I posti di lavoro che ci mancano sono circa 7 milioni. 
Un milione perché tanti ne abbiamo persi durante la crisi del 2007-2014, e altri 6 milioni perché questa, già prima della crisi, era la nostra distanza rispetto ai paesi Ocse. 
 
Ecco perché, quando vedo l'invasione giornalistica che dichiara i primi 20 mesi del governo Renzi un grande risultato, e le solite tabelle con uno zerovirgola in più, o un aumento di qualche decina di migliaia di posti nel numero di occupati, penso che siamo vittime delle calcolatrici scientifiche. 
 
Con questi zerovirgola, incrociando le dita che non si abbatta una nuova crisi, e utilizzando la calcolatrice scientifica con parecchi zerovirgola, saremo un paese in linea  fra circa 30 anni, quando Renzi avrà superato i 71. 
Che poi è un numero non tanto piacevole nella cabala napoletana.
 
Good luck
 
Duccio
 
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